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La comunicazione web per i professionisti va vista in primo luogo come un’opportunità. Da dove partire? In primo luogo dalle minime unità sintattiche: dalle parole. Tenendo presente che si tratta di parole dentro un e-text, non di rado diverse da quelle che si userebbero in un testo non digitale. Con l’espressione parole come “minime unità sintattiche” mi riferisco qui alla categoria che va dagli aggettivi alla singola frase (in mezzo ci potrebbe stare anche “minima unità sintattica” che è appunto una minima unità sintattica).

E’ vero che, per ogni contesto, esistono parole che on line riscontrano risultati migliori? Un paio di settimane fa è stata divulgata l’indagine di due ricercatori della Birmingham University relativa alla promozione su eBay di 68mila prodotti. Ebbene, un orologio per gent, signore, fa guadagnare una media di 70 sterline contro le 30 di orologio da uomo. Un prodotto autentico rende il doppio di uno originale, una Mercedes Benz vale 4250 sterline contro i 3450 di una Mercedes. Su eBay i venditori di auto usate preferiscono sempre i termini come onesto e non scrivono mai seconda mano. Gli antiquari usano un linguaggio più intimo con riferimenti alla propria vita (I, my). Gli errori grammaticali fanno perdere parecchi soldi e mettono subito in crisi la credibilità dell’offerente.

Ma cosa può importare ai professionisti delle tecniche di eBay? Non risulta persino ingiurioso l’accostamento tra le professioni e un’istituzione così spudoratamente commerciale come le vendite all’asta di oggetti? In realtà, la vendita dell’usato è svolta, in buona parte, da persone che non esercitano attività commerciale. Come si pensa avvenga nella relazione col professionista, le transazioni sull’usato privilegiano al nudo oggetto la spinta fiduciaria. Comprereste un’auto usata da quest’uomo? noto motto per vagliare una candidatura politica potrebbe anche essere parafrasato come comprereste un’auto usata da quest’avvocato per giudicare la credibilità del professionista cui ci si vorrebbe affidare. Prima che emergesse prepotente nel mercato delle imprese, il parametro della reputazione (che su eBay è oggettivizzato in un punteggio di feedback) ha reso determinante la scelta del professionista come quella dell’oggetto usato. La reputazione, peraltro, si fonda sul passaparola che, prima di strutturarsi in un discorso sociale articolato, esprime letteralmente il proprio significato: è il passaggio della parola. Una: secca, immediata, descrittiva, giudicante; o poche, che si combinano felicemente in un concetto.

Prima del web, i professionisti si avvantaggiavano del passaparola ma lo subivano, non avendo modo di influenzarlo (se non con  la propria condotta, che però diventava passaparola nell’interpretazione altrui). Era ad alto rischio che il passaparola riguardasse la parola sbagliata, e generasse aspettative inesatte. Con il web il professionista ha un modo di presentazione pubblico grazie al quale può mettere in circolo le parole che gli corrispondono e indirizzare il contenuto del passaparola (o costringere a una prima verifica il passaparola che già circola). In questo modo contribuisce alla formazione corretta delle aspettative e alla diffusione precisa e vantaggiosa della sua identità professionale.

Quando, nel web, si menziona la “parola chiave” il riferimento è ai termini che posizionano al meglio sui motori di ricerca. Ma focalizzarsi solo su quest’aspetto provoca quella che potremmo definire “trappola del seo”. Se una parola è quella più cercata in un settore non c’è dubbio che vada “indicizzata”: il problema è, che proprio perché è la più cercata, è una parola che omologa immediatamente tutti coloro che ne sono “coperti”. E’ una parola necessaria, ma non sufficiente. Non basterà a passare dalla visibilità al contatto, se non è seguita da una parola che spezza l’omologazione e fa dire: “ecco, questa è proprio la persona che cercavo io!”. Potremmo definire questa parola ulteriore, rispetto alla parola chiave, la parola identitaria.

Per scoprire la parola identitaria (e selezionarla tra quelle efficaci) bisogna porla al crocevia di tre caratteristiche: 1) la parola deve avere un legame con il bisogno di colui che ricerca 2) la parola deve introdurre un elemento effettivo di distinzione del professionista rispetto ai concorrenti, e rispondere a un dato reale 3) la parola deve essere in grado (così com’è, oppure aggettivata, avverbializzata o resa frastica) di indicare un’aspettativa di relazione tra il professionista e il cliente. Una volta emersa da quest’intreccio, la parola identitaria deve superare una duplice prova di resistenza: non essere in contraddizione con la parola chiave e apparire adeguata alla presenza dentro un e-text.

L’individuazione di una parola identitaria scaturisce da un’analisi multifattoriale che attiva diverse competenze. Non meno essenziale l’utilizzo di tecniche, anche scritte (come il brainwriting), tutte tese a superare un taglio meramente nominalistico o superficialmente promozionale per sfociare in un vero e proprio processo di autopercezione, che può poi diventare il volano di tutta l’organizzazione del sito web e di molti aspetti dell’attività direttamente professionale.

Naturalmente, la comunicazione è un fenomeno assai più complesso della scelta di parole. Queste, però, ne costituiscono la base iniziale (ancor più per le professioni che, con l’eccezione degli architetti, non possono esprimere identità esclusiva con le immagini) ed è sbalorditiva la sciatteria con cui viene affrontato. La quasi totalità delle parole adoperate sono sbagliate perché, a causa della loro genericità, non rispondono a nessuna delle caratteristiche che ho indicato, almeno se non vengono supportate dall’enunciazione di incontrovertibili elementi di specificazione e supporto (ad esempio l’abusatissimo “affidabile”).

Quel che ci si attende da un medico, da un avvocato, da un notaio, da un commercialista non sono certo “chiacchiere”. Ma l’incapacità di definire se stessi, come minimo dal punto di vista professionale, e quella di orientare esattamente le aspettative della clientela (potrebbe persino rientrare nella deontologia) non promette bene neppure per il prosieguo.

 

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