Sono ormai più di duecento i musei aziendali in Italia. Invece di disperdersi in rivoli di iniziative insignificanti, generosamente gratificate del nome di eventi, le imprese, anche non di grandi dimensioni, possono trovare in questa forma comunicativa uno dei mezzi più efficaci per incrementare la propria reputazione e rinforzare vantaggiosamente l’identità culturale e il brand marketing.
Il concetto di museo d’impresa, come dimostrano quelli esistenti, può essere estremamente vario. Nella versione più antica si tratta di un museo celebrativo del fondatore o del marchio, che per le particolari caratteristiche della produzione diventa un riferimento culturale sul territorio e per questa ragione ottiene il supporto degli enti locali: si tratta di un vero museo di arti tecniche applicate, di iniziativa privata. Il filo che lo guida, tuttavia, è per lo più interamente ascrivibile alla storia dell’impresa o all’esibizione dei suoi prodotti. In alcuni casi, senza nessuno sforzo, si interseca con la storia e le fantasie degli italiani, come nel caso della Galleria Ferrari. In altri necessita un’impostazione orientata verso l’archivio storico, che metta in luce, ancor più che la produzione, il senso che essa ha assunto grazie alle campagne pubblicitarie e ad altri materiali d’epoca, raccordando il tutto con i mutamenti sociali: è così per l’Archivio Barilla. Ci sono poi i musei di design, che tali sono anche con la semplice esposizione della produzione, come è per il Kartell o quelli (per esempio il Museo della birra Peroni) che privilegiano l’esigenza polisensoriale, tanto ricercata anche nei musei pubblici più avanzati. Il vantaggio di poter contare su una risorsa comunicativa così preziosa aumenta quando il museo si propone in modo dinamico quale collettore di iniziative fieristiche (come il museo Ducati). Quelli che legano i contenuti completamente alla storia dell’imprenditore rischiano di risolversi, oggi, in un narcisismo comprensibile ma improduttivo ai fini comunicativi: salvo che non siano un vero simbolo di un piccolo territorio (il museo del confetto di Mucci) o non sostengano il loro significato per la collocazione in locali industriali dismessi e riadattati: ad esempio il museo Zambon che è in un vecchio capannone (e che probabilmente avrebbe velleità ulteriori rispetto alla celebrazione del fondatore e dell’azienda ma sfido chiunque a capirle leggendo il modo in cui vengono descritte sul sito web: non basta creare un museo, ma bisogna anche comunicarlo bene).
Esiste però anche una diversa capacità espansiva del museo aziendale, quando invece di ripiegarsi in toto sullo storytelling interno si protende verso il campo di attività dell’impresa affrontandolo nella sua globalità: in questo modo si accresce enormemente il numero potenziale di visitatori e di interessati. E’ il caso dell’Aboca Museum, un vero tempio per gli appassionati di erbe curative (e in grado di convertire a questo interesse anche chi ne è più lontano). O del museo del gelato di Carpigiani, nato nel 2012, intelligentemente indirizzato verso l’oggetto “gelato” (anzi, quasi verso il discorso “cibo e gelo”) e al tempo stesso ricco di iniziative partecipative e workshop (altra tendenza che fa breccia nella musealità contemporanea). Ma anche quando si celebra il fondatore si può dirigere lo sguardo più in là: è una piccola perla il museo che Artsana ha inteso dedicare ai cavalli giocattolo che allietarono l’infanzia del suo fondatore Pietro Catelli. Non a caso ha ricevuto il Premio Guggenheim impresa e cultura. Leggete bene la motivazione: una scelta tematica in linea con la mission del brand Chicco.
E’ questo il punto. Certo se si ha alle spalle una storia come la Ferrari o la Campari il museo prende forma (quasi) da solo. Ma se un’azienda, al di là della propria storia, ha da raccontare il suo progetto, i suoi valori e per questa via abbracciare un tema che la trascende, con uno sforzo creativo il museo può diventare un sogno alla portata, e anche essere allestito in modo innovativo e con un costo completamente diverso da quello a cui si può pensare pronunciando la parola museo. Persino la nozione di museo, pur indubbiamente recintata nel significato di collezione esposta al pubblico, è un concetto che la creatività aziendale è in grado di reinventare in modo sorprendente.
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