Anche se gli indici di salute di un’economia vengono misurati soprattutto da quel che le persone consumano quando sono fuori casa, le economie sviluppate manifestano una tendenza crescente all’incremento dei consumi in casa. Questo non vuol solo dire che le persone a casa spendono di più (ad esempio mangiando di più o comprando divani più costosi) ma che spendono a casa anche per alcuni beni o servizi che normalmente consumavano fuori. Una bellissima trovata pubblicitaria di Leroy Merlin, nel 2014, simboleggiava magnificamente questo passaggio: Balcony Express, la terrazza a domicilio. Il prodotto consisteva nella sistemazione a domicilio del proprio terrazzo ma un video, girato in candid camera, descriveva, con simpatica esagerazione, lo spostamento fisico dal negozio alla casa dell’intera terrazza, consegnata a stupiti inquilini dei più vari fabbricati sopra un carrello elevatore.

Il mutamento più significativo degli ultimi venti anni ha riguardato l’home theatre, il cinema ubicato a casa. Le proposte più frequenti riguardano il food. Formule recenti consentono di ordinare i cibi dai ristoranti preferiti, un’azienda fa arrivare tutti gli ingredienti per una ricetta, e volendo anche il cuoco: non è scegliere di rimanere a casa piuttosto che andare al ristorante ma portare il ristorante dentro casa. Servizi di ogni tipologia vengono proposti a domicilio soprattutto per anziani o bambini.

 

Quasi ogni azienda potrebbe interrogarsi su come seguire questo cambiamento, confrontandosi con le modalità con cui lo stanno affrontando le aziende del food. In che modo il mio prodotto/servizio potrebbe essere offerto alla stessa maniera? Si deve compiere un’operazione analoga al benchmarking esteso (che consiste nello studiare le procedure di un’azienda appartenente a un settore diverso), meno connotato dagli aspetti finanziari. Ma ancora più interessante sarebbe analizzare, parallelamente, le ragioni che spingono le persone a casa piuttosto che per strada. Ragioni che sono puramente culturali. Non è che le persone hanno ridotto il cinema perché hanno a disposizione l’home theatre: è l’home theatre che si è sviluppato perché le persone hanno cominciato a manifestare una crescente propensione a riscoprire la casa come luogo di raccoglimento, a prediligere riunioni in gruppi meno numerosi, ad andare di meno al cinema e a preferire comunque un cinema di effetti speciali. Viene sempre prima l’innovazione culturale e poi l’adeguamento tecnologico. L’azienda tempestiva nello scoprire i cambiamenti sociali deve prima farsene interprete culturale (puntando l’accento sul nuovo bisogno e leggendolo nel modo più convincente) e poi, quando necessario, lavorare sulla tecnologia.

Un’azienda che voglia pensare come e cosa proporre a domicilio dovrebbe quindi porsi prima la domanda: perché adesso le persone questa cosa preferiscono farla a casa (o perché potrebbero preferire farla a casa)? Per risparmiare? Perché hanno ridotto il giro di amicizie? Per non rimanere nel traffico? Per paura degli attentati? Per rendere frizzante la vita domestica?

 

Se l’impresa non risponde a questa domanda è difficile che la sua idea “domiciliare” possa avere successo o almeno durare a lungo, cavalcando oltre l’effimero. Naturalmente non è detto che la risposta sia unica, né che per tutti sia la medesima. Ma ci sarà senz’altro una risposta che si attaglia meglio al pubblico potenziale di una specifica impresa e all’identità dell’impresa stessa. E sorprendentemente questa risposta potrebbe essere utile non solo per l’impresa che vuole offrire i suoi servizi a casa ma anche per quella che, all’inverso, si domanda come snidare da casa loro quei pantofolai.

L’innovazione culturale è il modo per arricchire di senso decisivo la propria offerta e per rendere riconoscibile l’identità della propria impresa.

 

La prossima settimana parleremo ancora di innovazione culturale, uno dei principali riferimenti dell’azione di Anima in Corporation.