Se la moderna organizzazione del lavoro è contraddistinta dalla flessibilità e dall’innovazione, perché mai i ruoli svolti in un’azienda o in un ufficio professionale dovrebbero conservare sempre gli stessi nomi? In Italia la questione dei job title, la qualifica dei dipendenti, è rimasta sin qui marginale, ma negli Stati Uniti e in Gran Bretagna è da tempo motivo di frizzante riflessione teorica e di intriganti pratiche operative da parte delle aziende (alcune delle più grandi sono maestre nel campo: Google ad esempio). Ci sono un’infinità di ragioni per affrontarla seriamente.

La prassi di rinominare i ruoli si è sviluppata soprattutto nelle pubbliche amministrazioni per ragioni politically correct: si voleva eliminare l’accezione negativa implicita in certi lemmi per sostituirla con altri più asettici (in Italia ad esempio operatore ecologico per spazzino o operatore scolastico per bidello). Non sempre il risultato è apparso felice (“operatore” è assai disumanizzante) e comunque di rado la ridenominazione è coincisa con una nuova valorizzazione delle responsabilità, finendo per apparire più una forma di ipocrisia che di franchezza.

Il job title “personalizzato” o comunque creativo e non convenzionale deve, per avere un senso, rispondere ad almeno alcuni di questi dieci requisiti:

  1. Essere motivante per il lavoratore.
  2. Essere una piccola “epifania”: rivelare cioè al lavoratore, all’organizzazione, ed eventualmente all’esterno, qual è il senso più profondo della funzione esercitata.
  3. Costituire per la leadership un’occasione di riflettere sull’evoluzione dei ruoli e delle funzioni dentro l’azienda.
  4. Essere un momento di condivisione e complicità con i lavoratori.
  5. Non essere meramente nominalistico ma rispecchiare atteggiamenti, condotte e responsabilità differenti rispetto al ruolo “standard” che ne costituisce il seme.
  6. Essere coordinato con l’insieme degli altri “job titles”
  7. Non contraddire la personalità del lavoratore che ne viene insignito.
  8. Onorare il talento del lavoratore.
  9. Essere evidenziato al pubblico come elemento che contribuisce a ricostruire l’identità culturale dell’azienda o dello studio professionale.
  10. Essere frutto di un uso consapevole del registro linguistico (solenne, amministrativo, ironico ecc.)

Uno dei più accreditati studiosi sul campo, Dan Cable della London Business University, recentemente ripreso dall’Harvard Business Review, ha rilevato nei lavoratori delle aziende esaminate rapidi incrementi del livello di soddisfazione e di identificazione con l’azienda e ha dichiarato che “ribrandizzare i titoli professionali intorno al perché del lavoro, alle particolarità culturali e all’identità personale del lavoratore può avere effetti importanti su come gli esterni reagiscono alle varie posizioni lavorative e su come chi le occupa percepisce se stesso”.

Un paio di anni fa la rivista Forbes si era divertita a elencare quelli più creativi coniati dalle aziende, come“direttore della prima impressione” al posto di receptionist, “ambasciatore del buzz” per un responsabile di comunicazioni o “profeta digitale” per l’osservatore dei trend. Quella lista, pur divertente, rischia però di essere fuorviante e di spostare questo piccolo gioiello strategico nel campo della amenità aneddotiche. L’altro pericolo è una standardizzazione-bis, con un effetto un po’ ridicolo: ecco che su Linkedin secondo il New York Times si contavano, nel 2015, 74.000 “brand architects” e 35.156 “professional evangelists”. I job titles sono un campo ancora relativamente inesplorato per forzare le stagnanti costrizioni che dal linguaggio si riversano direttamente sulle azioni e le relazioni, interne ed esterne all’impresa. “Il nome che per sua natura è adatto a ciascun oggetto bisogna che l’imprenditore sappia imprimerlo nei suoni e nelle sillabe e guardando a proprio quello che il nome è in sé”. Vi convince? Vabbè, lo ammetto ho barato. Nel brano, tratto dal Cratilo di Platone, Socrate usa la parola “legislatore” e non “imprenditore”. Ma ai tempi di Platone il “responsabile delle risorse umane” ancora non esisteva.

Anima In Corporation svolgerà a Torino nel mese di settembre due ore di seminario gratuito sui job titles riservati agli imprenditori e ai titolari di studi professionali. Il seminario è a numero limitato. Se volete avere la precedenza potete prenotarvi compilando il form sotto indicato. 15 giorni prima della data fissata per il seminario vi sarà richiesta una conferma.

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