La casa occidentale ha cessato di essere uno spazio di ostentazione per diventare piuttosto uno spazio in cui vivere confortevolmente. Il relax e il confort sono i concetti più frequentemente richiamati nell’arredamento moderno. Non solo l’epoca della mondanità esibizionistica pare tramontata in favore di un ripiegamento familiare: anche quando gli spazi vengono esibiti al visitatore si tende a suscitare non tanto l’impressione del presente in cui gli spazi vengono condivisi con l’ospite ma a stimolare la sua fantasia su come quegli spazi, al termine dell’occasione conviviale, saranno confortevolmente fruiti da coloro che li occupano stabilmente. Si può in questo senso parlare di una “intimizzazione” degli spazi interni.

Questo nuovo atteggiamento favorisce i complementi d’arredo: suppellettili, lampade, soprammobili, tessuti incorporati in tipici accessori come il cuscino sul divano o la trapunta sul letto. In realtà, alla fantasia degli architetti e dei padroni di casa è rimessa la capacità di inserire nel circolo dell’interior design qualsiasi oggetto, anche dotandolo di una “seconda vita” rispetto alla sua funzione originaria.

L’arredo degli spazi interni domestici ha conosciuto storicamente diversi passaggi: a partire da quello vittoriano, che tendeva a imbottire la casa di oggetti delegando a quelli il compito di narrare la biografia personale mediante un accumulo che, pur comportando l’affollamento sulle mensole e quindi non rimanendo estraneo a uno sviluppo verticale, tendeva essenzialmente alla dimensione orizzontale. Tale visione fu messa in crisi dall’arredo liberty, incentrato piuttosto sulla relazione tra l’arredo e l’architettura, anche esterna, della casa. Esso puntava a realizzare una solidità materiale basata non tanto sulla quantità di oggetti quanto sul rimando architettonico della loro consistenza, il che significava una riduzione quantitativa degli oggetti ma un incremento del carattere massiccio di quelli, essenziali, cui veniva affidato il disegno della casa. La corrente minimalista avrebbe spezzato questo legame con l’architettura e teso ad allungare le linee, riducendo gli oggetti in uno spazio raffreddato e caratterizzato dal razionalismo funzionalista. La tendenza attuale può essere concepita come un ritorno all’affollamento in un senso profondamente diverso, che potremmo definire di stratificazione: oggetti più leggeri vengono collocati sui mobili essenziali ricevendo un doppio mandato, quella di personalizzare i mobili in questione, non più autosufficienti, e di dettare la guida cromatica dello spazio. Anche il tessuto d’arredo ha beneficiato di questa trasformazione, visto che ha anche il pregio di movimentare ulteriormente le forme e i contrasti cromatici degli interni. Si tratta di una buona mediazione tra la razionalizzazione degli spazi, la loro fruibilità e il distacco dalla spoglia freddezza del minimalismo.

La trasformazione degli spazi interni segue, evidentemente, la psicologia di coloro che la abitano e la sua attitudine, in quanto “palcoscenico”, a mettere in scena ciò che gli individui considerano essenziale rappresentare in una certa epoca.

L’azienda che produce complementi d’arredo viene chiamata a difendersi non solo dalla concorrenza d’impresa fisiologica– quella delle aziende che producono i medesimi oggetti; ma anche da una più vasta concorrenza “ideologica”, all’interno della quale competono tutte le aziende che, pur producendo oggetti diversi, propongono con quelli una soluzione di arredo del tutto alternativa. Che in una casa ci debbano essere un letto, un tavolo sul quale mangiare, una credenza dove riporre i piatti o un divano è inevitabile, e quindi tutti coloro che producono questi oggetti dovranno preoccuparsi per lo più dei diretti competitor. Ma ogni complemento è un bene inessenziale, che potrebbe essere tagliati fuori da una molteplicità di fattori economici o estetici, a favore di un oggetto completamente differente.

In questo settore, perciò, la comunicazione di marketing ha un compito piuttosto gravoso ma ineludibile. Deve infatti:

  • Trasmettere una precisa concezione dell’ambiente domestico, assegnando all’oggetto prodotto un ruolo significativo dentro quella narrazione, testuale e visiva.
  • Escludere da quella narrazione il maggior numero possibili di oggetti potenzialmente concorrenti.
  • Attribuire all’oggetto un significato simbolico e sociale.

Per non lasciare queste indicazioni nel limbo dell’astrazione, prenderò ad esempio una fra i tanti complementi d’arredo, il cuscino.

I cuscini hanno delle formidabili peculiarità in ragione di una certa naturale ambiguità fisica, quasi sospesa tra il vuoto e il pieno. Da una parte vi sono la leggerezza e l’inconsistenza del peso, dall’altra il volume di una massa che ridonda rispetto alla sua utilità e che si presta paradigmaticamente alla stratificazione. Essi trasmettono percezioni sensoriali piacevolmente contraddittorie. Nella propensione ad afferrare un cuscino e sistemarselo in grembo vi è il gradevole stupore di affondare nel gonfiore e nella vaporosità di ciò, che in assenza di esperienza, verrebbe percepito come turgido e ingombrante. Winnicott, se mai vi avesse prestato attenzione, lo avrebbe certamente qualificato come un tardivo oggetto transizionale. Questa singolarità del cuscino, una volta che è trasportato al di fuori del contesto strettamente funzionale di appoggio per il collo quando si va a letto, ne determina un’attitudine ludico-simbolica sin qui non adeguatamente sfruttata nel mondo del design ma che intanto comincia a essere praticata in altri ambiti.

Nel mondo è stata istituita la giornata mondiale della “battaglia dei cuscini” nelle piazze  che funge da scarico delle energie fisiche inespresse, visto che è impossibile concepire un oggetto contundente altrettanto inoffensivo. In alcuni paesi il tema generico è stato ulteriormente sviluppato considerando la giornata consacrata alla celebrazione della pace nel mondo (si potrebbe parafrasare una vecchia canzone di successo cambiandone il titolo con “mettete dei cuscini nei vostri cannoni”) e, in una circostanza, nell’isola di Liri, addirittura come la sublimazione del conflitto intergenerazionale, dato che a prendersi a cuscinate in piazza sono figli e genitori; si richiama una situazione domestica che non soffochi i contrasti né li risolva con l’autorità, ma accetti il conflitto come dimensione fisiologica destinata a essere superata solo con l’ascolto e la capacità dei genitori di porsi, in certe circostanze, sul medesimo piano del figlio.

La Provincia di Bolzano, quest’anno, ha sistemato cuscinetti fucsia intorno a cartelli stradali e pali della luce per proteggere l’incolumità cranica di chi cammina con lo sguardo sequestrato dal cellulare. Un modo intelligente di sensibilizzare sul tema dell’uso improprio dello smartphone.

Non sarebbero certo preziosi cuscini d’arredo quelli più indicati a essere usati come armi giocose o provocatorie segnalazioni, ma non mancano modi creativi per valorizzare la visibilità sociale del cuscino e, mediante la parallela valorizzazione simbolica, farne una presenza quotidiana essenziale.

 Che questa intuizione cominci a circolare sotto pelle anche nel mondo del design e della moda si è potuta apprezzare, solo qualche anno fa, in una pubblicità realizzata da Hermès. Sotto il testo “Hermès habille la maison” e nel rigo sotto “tissus d’ameublement et papiers-peints” si vedeva una minuscola casetta-palafitta che si rispecchia su acque cristalline con le colline e le montagne sullo sfondo e senza alcuna presenza umana. La casa sembra di cartone, e posticcio e sottile pare il legno del tetto: una piattaforma le cui basi arboree discendono nell’acqua vede schierati sul pavimento, oltre a una piccola lampada e una minuscola panca colorata, tre cuscini variopinti, e nulla più. L’altro oggetto presente nella foto è una barchetta da pescatori che trasporta tre rotoli di tessuto e, di nuovo, tre cuscini (l’effetto fotografico era veramente notevole). Questa pubblicità, nella sua apparente spoglia semplicità è un vero trattato sull’intimizzazione degli spazi domestici e sul rovesciamento di priorità nell’organizzazione gerarchica degli elementi d’arredo. In quella pace paradisiaca, nella quale non si può non scorgere anche un richiamo a una certa frugalità di costumi e un invito ad abbandonare la rincorsa al lusso dei mobili tradizionali e il gusto dell’ostentazione, è segnalato che la vivacità dei colori e la sobrietà sono il punto di partenza del rifugio che l’individuo deve approntare a salvaguardia di se stesso e presidio della sua personalità. Solo poco tempo fa sarebbe stato difficile immaginare che questa narrazione potesse avere in primo piano i cuscini, in prevalenza, e quasi in esclusione, di qualsiasi altro elemento.

Per confermare il celebre aforisma “Dio è nei dettagli” , insomma, tutte le aziende di complemento d’arredo devono sforzarsi di dimostrare che Dio è soprattutto nei dettagli che producono loro.

Anima in Corporation, per non perdersi nei dettagli.

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