Ci andreste da un avvocato che esibisce sul sito per prima cosa la grande immagine di una civetta o temereste che porti jella? E da uno che tiene tra i suoi collaboratori un cane? Potrebbero essere esempi tratti dalla storica rubrica della Settimana Enigmistica, “Strano ma vero”. Potrebbero suonare come brillanti esempi di autoironia ma se volevano esserlo il registro e il contesto sono resi male. Sono sicuramente esempi del rapporto difficile tra professionisti e immagini, e alla fin fine hanno almeno il pregio dell’originalità in un panorama desolante.

Lasciamo da parte gli architetti che nelle immagini sguazzano, proponendo i loro lavori in portfolio (in altra occasione ci domanderemo se questo sia sufficiente) e lasciamo per oggi da parte anche i medici. Pensiamo a notai, avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro. Per non prendere la questione alla lontana, partendo dal dilemma se sia giusto pubblicizzarsi o meno e avere un sito web o no, Anima in Corporation ha svolto un’indagine a campione (200) tra i professionisti che ricorrono a Google AdWords e quelli che hanno commissionato un lavoro sul seo. Si tratta dunque di professionisti che a quella domanda iniziale hanno risposto in modo affermativo e che pagano perché il navigatore entri sul loro sito. Come lo accolgono sul piano visivo?

Ebbene solo il 21,4% mette la sua faccia (la percentuale viene elevata dagli avvocati, per i notai e i commercialisti è sensibilmente più bassa). Il 3,9% mette addirittura la faccia di un altro. Il 24, 5% non mette immagini, il 14,4% piazza una foto della città, il restante 35,8% ricorre a immagini dello studio (come se fosse un albergo che deve far visionare le sue camere) e immagini simboliche e stereotipate (la bilancia, il sigillo, le carte, le mani che scrivono su un documento o si stringono).  Qualche volta queste immagini si cumulano ma rappresenta assolutamente l’eccezione che l’immagine “personale” sia la prima evidenza del sito o comunque venga situata nella home page.

La foto del volto è solo un esempio di taglio “personale”: le immagini che si staccano dalle banche dati potrebbero riguardare video o anche infografiche o illustrazioni di vario genere. Quel di cui parliamo non è tanto un invito ad “apparire” (del resto una foto del tipo tessera, messa in coda a quello che pare un curriculum per l’assunzione, non ha grande significato) ma l’impegno nell’usare correttamente un mezzo che, per tanti, può costituire il primo impatto informativo per la clientela. Una risorsa, per il professionista come per il cliente. La nostra piccola indagine, però, evidenzia un sorprendente, diffuso analfabetismo iconografico tra i professionisti. Cioè, non conoscere le regole base della comunicazione visiva.

Prendo l’esempio di un consulente del lavoro per far capire cosa intendo. Si tratta di uno studio associato, ma nel menu c’è la possibilità di accedere ai professionisti dello studio e cliccandovi si accede a una pagina con tre foto sotto le quali vengono riportati nome e cognome del professionista. Del primo è fotografato il volto. Del secondo il braccio sotto il quale è infilato un fascicolo. Del terzo la mano che scrive (queste due ultime immagini sembrano prese dalla banca dati). Forse il titolare, che dà il nome allo studio, intende far capire chi comanda, forse i suoi partner sono schivi. Quel che è certo è che questa dissimmetria rende le tre foto simili a quella famosa classificazione di animali che Borges finse di trarre da un’enciclopedia cinese: a) appartenenti all’imperatore b) imbalsamati c) addomesticati d) maialini da latte e) sirene f) favolosi g) cani in libertà h) inclusi nella presente classificazione…e così via. Il dato emotivo che il navigatore web riceve da una così plateale sovversione dei canoni di coerenza visiva è decisamente negativo.

Chi ricerca un professionista attraverso il sito web normalmente sta perseguendo uno di questi due fini: 1) sta cercando quello più economico 2) sta cercando quello che fa al caso suo (per competenza, vicinanza, specializzazione ecc.). Al tempo stesso, però, sta muovendosi nel mondo impersonale dei rapporti con la pubblica amministrazione o spesso in una situazione di tensione e potenziale conflitto. Quello che intimamente vorrebbe è un ancoraggio “personale” che gli offra rassicurazione, e se vi si imbatte potrebbe persino cambiare il suo orientamento di partenza (e decidere che è più importante il professionista che fa al caso suo di quello più economico). Quello in cui inciampa di solito è un prolungamento dell’impersonalità dalla quale vorrebbe tutelarsi. Molti siti di avvocati, per dire, lo introducono già nella cancelleria del tribunale e molti siti di commercialisti nell’ufficio dell’agenzia delle entrate.

La capacità di comunicare, rassicurare, governare gli strumenti culturali, evidenziare ciò che si ha di specifico e di personale non è nemica di un buon esercizio della professione: anzi, ne è una componente significativa. Il grande fotografo Federico Scianna ha detto che non è la foto a essere lo specchio del mondo ma il mondo a essere lo specchio del fotografo. Qualcosa di analogo vale per le immagini sul sito web professionale e sul modo di idearle, selezionarle, ordinarle. Se ne può leggere la prospettiva che del mondo (o di quello spicchio di mondo nel quale opera) ha il professionista. Una forma di segnaletica, in definitiva. Persino un pezzo di una moderna deontologia.

 

Anima in Corporation si occupa di siti web per professionisti cercando di far affiorare l’identità specifica del professionista e partendo dalla consapevolezza che la comunicazione professionale non può essere un calco di quella d’impresa.

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