La trinità

Un re aveva tre figlie da maritare. Tutte piuttosto belle, erano anche la dimostrazione che nascere dagli stessi genitori non necessariamente rende simili nel carattere.

La più grande, Nazienda, aveva un temperamento risoluto e autoritario. “Gli uomini devi conquistarli dimostrando che sai guidarli, non hanno voglia di parlare nè dei fatti loro nè dei tuoi ma desiderano che tu con due parole dica con chiarezza come si devono comportare nella vita”. Passava un sacco di tempo a truccarsi per coprire ogni difetto e aveva tappezzato la città di sue gigantografie che la ritraevano, con lo sguardo altero e al tempo stesso ammaliante, mentre si tirava indietro i lunghi capelli, sullo sfondo dei grattacieli. “Gli uomini sono talmente stupidi e immersi nel loro lavoro che manco si accorgerebbero di noi donne” teorizzava Nazienda ” Sei tu che devi suscitare il bisogno, evocando delle belle immagini”. Con quelli che aveva frequentato, e con cui mai era riuscita a instaurare una relazione seria e duratura, amava assumere pose aggressive e infilava certi stivaloni con le borchie, i nazi-stivali e, per gioco, teneva i suoi amanti schiacciati sotto il tacco. Le prendeva persino l’ansia di aver tirato troppo la corda e così, finito l’amplesso, quando era bel tempo apparecchiava il tavolo in giardino per la colazione e accoglieva il partner con un sospiro soddisfatto: “Annusa l’aria, annusa l’odore del pane tostato. Ora annusa ancora. Non lo cogli quest’odore di atmosfera di famiglia?”. E detto questo cominciava a scofanarsi la colazione, perchè il moto le aveva messo appetito.

La seconda, Sazienda, aveva un temperamento più mansueto ma era comunque una gatta furbissima. “Gli uomini hanno bisogno di rilassarsi quando sono con una donna” sosteneva” . Quando vengono da me li invito a sedersi in poltrona e apro il catalogo con le foto della mia infanzia. Gli racconto la mia storia, anche se aggiungo qualche dettaglio che non è esattissimo, ma non è quel che a loro importa. Anche se non me lo dicono espressamente lo leggo nei loro occhi: dai, Sazienda, ripetici ancora di quando eri bambina e hai fatto questa o quell’altra cosa”. Capitava a volte che si addormentasse cullata dal suono della sua stessa voce.

La terza, Pazienda, era ancora diversa. Con il passare del tempo sembrava obiettivamente quella con più corteggiatori ma se qualcuno glielo faceva notare si ritraeva, un po’ timida e un po’ vezzosa: “Il mio segreto? Essere come sono, e al tempo stesso essere consapevole di come sono e provare a essere migliore di quello che sono. E’ per questo che mi sono fatto una buona reputazione tra i miei corteggiatori”. Pazienda aveva un’idea diversa dalla sorella: “I corteggiatori alla lunga si stufano di sentirti raccontare la tua storia. Hanno una voglia pazzesca di conversare, e un grande desiderio di raccontare la loro. Piuttosto vogliono capire bene che tipo sono, quali sono i miei interessi, che cosa ci accomuna, qual è il mio vero carattere e se di me ci si può fidare, e quest’ultima cosa cercano di capirla spiando come mi comporto con gli altri”.

Un giorno il re, che cominciava a essere troppo vecchio e ammalato per governare saggiamente, decise di abdicare e lasciare il trono a una sola tra le figlie. Stabilì una data per convocare la popolazione in piazza e annunciare la regina designata e…

Cavolo, quand’era la data? Scusate che controllo il giornale. Domani!

Annullo subito tutti i miei impegni e punto la sveglia alle sette. Sono proprio curioso di vedere come va a finire.

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